Avrei voluto scrivere tantissime cose lungo questa settimana, ma poi ho letto un meraviglioso post di Annamaria Anelli, in cui si parlava di lasciar andare i fronzoli nella scrittura per puntare alla semplicità, togliere tanti orpelli per essere diretti senza tanti giri di parole.
Trovo che si sia toccato un punto splendido nel post: la semplicità, spesso confusa con il pressapochismo, o addirittura con la trascuratezza. Trovo invece che sia un valore splendido, anzi uno dei valori che voglio fortissimamente voglio, che mi contraddistingua.
Cerco di utilizzarla quindi quando scrivo, non mi piacciono i paroloni che sanno tanto di forma e di poca sostanza, e quando mi esprimo con gli altri, all’interno dei miei laboratori o del mio studio, ma anche nella mia vita di tutti i giorni.
Perchè fare questo elogio della semplicità? Forse perchè se la coltivassimo maggiormente potremmo sentirci maggiormente leggeri, che poi leggeri non significa essere superficiali ma avere la consapevolezza di ascoltarci mettendoci in connessione con gli altri senza tante sovrastrutture e tante maschere.
No, non è semplice, affatto! Per nostra natura tendiamo a nasconderci, camuffare le nostre presunte debolezze dietro vere e proprie corazze o dietro la presunzione di avere dei super poteri e il mito dell’infallibilità.
Forse tutte queste corazze servono a mettere dei muri altissimi, che si, potrebbero renderci maggiormente sicuri ma a quale prezzo? Il prezzo della chiusura, il prezzo della diffidenza, il prezzo dell’incomunicabilità.
Ogni tanto io faccio così, provo a mettermi nei panni degli altri, provo ad indossare le scarpe degli altri, cerco di ascoltare il loro cuore. Esco dal mio solito recinto di pensieri e provo semplicemente a sentire.
Ecco, in questi giorni in cui il buio sembra cadere sempre più forte nelle nostre vite, in cui la chiusura sembra l’unica soluzione, proviamo ad aprire almeno uno spiraglio, non rinunciamo all’empatia, non rinunciamo ad incontrare le altre persone, non rinunciamo semplicemente ad essere umani.