Cambio Prospettiva

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Shh, la parola al silenzio

12 Maggio 2019 by Roberta Leave a Comment

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[Se clicchi su questo play, sentirai la mia voce che ti legge il post]

Ti faccio una domanda.

Pronta?

Quando è stata l’ultima volta che sei stata in silenzio?

Per silenzio intendo no cellulare, no musica, nessun device elettronico attivo, nessuna chiacchiera sul tempo che fa, nessuna lamentela.

Sei riuscita ad individuare una data ben precisa?

Riflettevo proprio da poco su quanto siamo sempre più connesse, indaffarate, concentrate su mille cose da fare tutte insieme. Mi risponderai che forse “non è proprio possibile farne a meno”, ma io ti chiedo ne sei proprio sicura?

A volte penso che la cosa di cui si abbia più paura sia il silenzio; quel momento in cui si sospende tutto e rimani solo con te stessa, azzerando i rumori ed il vociare esterno (ed interno).

Ma se fosse proprio quel vuoto un motore potente per poterti rigenerare, mettendoti in contatto con te stessa?

Dal punto di vista psicologico, il silenzio permette proprio di accedere ad un sé intimo e profondo, permettendoti di osservare le tue sensazioni e le tue emozioni (ricordi vero, senza giudicarle), riscoprendo una parte autentica, vera, senza sovrastrutture.

In un’epoca in cui ci si riempie di tanto rumore, forse la riscoperta dei propri spazi di silenzio potrebbe essere una piccola rivoluzione, che ne pensi?

Lo so, scuoti la testa e mi dici “che non hai tempo”.

Io provo a darti due piccoli suggerimenti.

Pronta?

I suggerimenti

  • Prendi il telefono ed imposta il timer. Dieci minuti. Stacca tutto: cellulare, notifiche, musica. Allontanati dal vociare delle persone e chiudi gli occhi. All’inizio può sembrarti strano e magari arriverà il chiacchiericcio interno a darti noia, in questo caso, nessun giudizio e prova a ripetere un piccolo mantra, ad esempio “ho il diritto di godermi il mio silenzio”. Mi raccomando nessun giudizio, non è assolutamente facile “stare” nel presente, ci vuole un poco di allenamento e pratica.
  • Prova a pensare ad un momento in cui sei sola, magari la mattina quando ti svegli oppure prima di andare a dormire. Prenditi la buona abitudine di aprire un quaderno o un diario e di scrivere semplicemente come stai. Niente di particolarmente elaborato, un semplice “mi sento… (e aggiungi l’emozione, la sensazione che senti) andrà benissimo. Questo è un altro modo per connetterti con il tuo apparato emotivo, senza farti fagocitare e travolgere dal logorio quotidiano.

Che ne dici, pronta per questa immersione nel silenzio? Ricorda, è un modo per riscoprire le tue risorse e rimetterle in pista.

Io come al solito faccio il tifo per te ♥


Se ti ho incuriosito e vorresti lavorare con me, qui trovi come poter fare.


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Di paura e di posso farcela

15 Ottobre 2018 by Roberta Leave a Comment

Quando ho letto “un indovino mi disse” di Tiziano Terzani mi ha colpito (tra le tante) questa frase: “forse in ogni uomo c’è un primordiale, istintivo bisogno, ogni tanto, di imporsi dei limiti, di scommettere con delle difficoltà, per poi sentire di essersi “meritato” qualcosa di desiderato”.

Mentre pensavo di scrivere questo post dedicato alla paura mi è ritornata in mente, e riflettevo con quanti limiti quotidianamente abbiamo a che fare. Molti di questi limiti o imposizioni sono figli delle nostre paure, che spesso creano voragini e piccoli mostri che si rivelano ben agguerriti da combattere.

Facci caso: a volte è solo un pensiero momentaneo destinato a scomparire molto presto, altre volte è un rimunginio fisso, paragonabile ad una grande nube nera che non ci permette di decidere lucidamente, altre (e sono i casi peggiori) si sommano un’insieme di sintomi fisici che ci fanno percepire di essere completamente vulnerabili e ci lasciano interdette e stanche.

La paura è una strana emozione, ovviamente è fisiologica e sana, ci fa percepire il pericolo e ci salva prima che quello stesso pericolo possa ledere la nostra incolumità, ma cosa fare quando questa emozione diventa così invadente che ci toglie spazio vitale e va ad influenzare pesantemente le nostre scelte di vita?

Come per tutte le emozioni il mio piccolo suggerimento è quello di fare un passo indietro per provare ad osservare che cosa ci stia capitando: prova ad osservarla, guardala dritta negli occhi chiedendoti perché c’è e perché è venuta a farti visita.

Allontanarti serve in un primo momento, ma alla lunga diventa controproducente, perché scappare diventa faticoso e ti allontana sempre di più dai tuoi bisogni.

Una cosa che sto imparando è che bisogna accettarla, senza se e senza ma.

Accettarla non significa che devi diventarne schiava, significa che sei pronta per capire il suo significato dietro le righe, sei pronta a lavorarci e a crescere per essere una persona autentica.

Se sei tra quelle che  si rimproverano per le proprie ansie e paure, fatti un enorme favore, smettila!

Avere paura è umano. Ripeti con me: avere paura è umano e non mi rende una persona peggiore, ANZI.

Sai che la parola coraggio deriva dal latino coraticum, che deriva da cor, che significa cuore? Il coraggioso non è chi non ha paura, ma chi la doma rendendola un’alleata per permettersi di crescere.

Sii coraggiosa e datti la possibilità di esplorare la tua paura. Io come al solito, faccio il tifo per te!


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Lo strano caso di settembre

16 Settembre 2018 by Roberta Leave a Comment

© mohamed-ahzam

Oramai l’avrai sentito in tutti i modi possibili: settembre è il nuovo gennaio, a settembre si pianifica, da settembre si rinizia, da settembre partono i piani migliori per il proprio futuro e via con questo valzer di aspettative confuse e forse non del tutto realistiche.

Ora a me, onestamente, tutta questa pressione sull’iniziare, sul pianificare, sull’essere sempre in “up” mette un attimo d’agitazione e d’ansia.

Io “soffro” un po’ ad ogni cambio di stagione; ogni volta mi riprometto di non cadere nel tranello dei bilanci ed invece qualche passo falso lo metto sempre: ho però imparato conviverci, forse meno ad accettarlo indiscriminatamente, ma ci convivo, del resto sono e resto umana, PUNTO.

Mi chiedo dunque che effetto faccia quest’ansia da prestazione incontrollata, quando tutt’intorno ti ricordano continuamente quante mirabolanti novità dovrai mettere in cantiere per questo anno.

Sarebbe bello avere una soluzione preconfezionata, da dispensare come un’aspirina: io credo che il rimedio migliore, in questo caso,  sia scegliere di regalarsi l’autenticità” nei propri confronti.

Scegliere di farla nascere e crescere non è affatto facile, anzi! Essere differenti è spesso una gran fatica che impone il mettersi in discussione e perseguire il desiderio di crescere: siamo noi (mi ci butto pure io a capofitto in questo discorso) che possiamo mettere in campo la scelta di essere onest*, la scelta di essere anche scomodi differenziandoci dalla massa ma rimanendo fedeli al nostro vero sé.

Quindi che fare? Io ho imparato che l’autenticità fa rima con il coraggio; si hai capito proprio bene, ho detto coraggio. Compi le tue scelte, quelle che ti fanno sentire bene, quelle che sono aderenti ai tuoi reali bisogni.

Fai silenzio con quel vociare che senti intorno a te e ascoltati.

E quando cominci davvero ad ascoltarti, togliti quel mantellino della perfezione: ecco, fatto?

Ora concediti di essere vulnerabile, di godere della tua imperfezione.

“Piantala di mettere tutti quei “dovrei” nella tua vita e sostituiscili con un “sono”.

Certamente la possibilità di migliorare è importante ma non scordarti mai che sei una somma di punti di forza e di debolezza e che sbagliare non ti rende una persona difettosa ma una persona umana, il cui valore non viene sicuramente alterato da uno o più errori!

Da poco ho letto questa frase

Essere nessun altro all’infuori di se stesso in un mondo che fa il suo meglio, giorno e notte, per renderti tutto fuorchè te stesso significa combattere la battaglia più dura che un essere umano possa intraprendere, e non smettere mai di lottare. E.E. Cummings

Credo che essere veri sia una delle rivoluzioni più potenti che possiamo compiere.

E se fosse che questo settembre iniziasse da questa piccola rivoluzione?

Ready?

Se per caso, volessi approfondire il discorso con me puoi trovarmi qui.


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La scommessa della vulnerabilità

4 Aprile 2017 by Roberta 1 Comment

Venerdì scorso avevo un po’ di tempo libero dopo lo studio e ho deciso di fare una lunga passeggiata. Avevo i pensieri un po’ scapigliati e sono entrata in libreria; non so a te, ma per me l’odore e il frusciare della carta hanno un potere terapeutico fortissimo.

Quando un libro ti chiama…

Ad un certo punto, mentre curiosavo tra gli scaffali mi son sentita letteralmente chiamare: era proprio un libro la mia “sirena”; piccolo, timido e mezzo nascosto in seconda fila.

Ti capita mai quella sensazione di essere al posto giusto nel momento giusto e perfettamente in linea con i tuoi pensieri? Venerdì è capitato proprio questo; riflettevo sulle emozioni, su quanto sia difficile stare in certe emozioni, su quanto ci affanniamo a tarpare i nostri punti deboli ed un secondo dopo scopro il libro di Oliver Burkeman.

Il libro in questione si chiama “La legge del contrario – stare bene con se stessi senza preoccuparsi della felicità” ed ovviamente l’ho comprato e divorato.

Mi ha colpito molto e ora ho voglia di parlartene.

Il libro ci racconta un insolito gruppo di persone – ci sono psicologi sperimentali e buddisti, esperti di terrorismo, maestri spirituali, consulenti aziendali, filosofi – che condividono la prospettiva che il «pensiero positivo» e l’ottimismo incrollabile non siano la soluzione, anzi, a lungo andare generino frustrazione, pessimismo ed insicurezza.

I falsi miti del pensiero positivo a tutti i costi

E allora sfatiamolo insieme questo falso mito del “pensiero positivo” un po’ banalotto da motivatori spiccioli della domenica. È decisamente importante motivarci, ma siamo davvero sicuri che dicendoci che “andrà sempre tutto bene” sia il modo giusto? Viviamo vite complicate, sempre di corsa, siamo ossessionati da una ricerca effimera della felicità e dall’impazienza di mettere sotto il tappeto tutte le emozioni scomode come la tristezza o la paura.

Ci serve davvero questo meccanismo? Io non credo proprio. Sono convinta che la felicità non sia assenza di tristezza ma la consapevolezza di poter stare dentro le nostre emozioni. Ogni qual volta ti affatichi a nascondere, rimuovere o non ascoltare i tuoi vissuti quelli ritornano ancora più prepotenti di prima. Magari tornano sotto un’altra veste, con un’ altra forma, ma sono sempre lì, e non aspettano altro di essere accolti e ascoltati.

Cerca di farti un favore quindi, innanzitutto smetti di confrontarti con chi ti sta vicino o con i modelli che la società cerca di proporti; lo so non è per niente facile ma nemmeno impossibile, serve il tuo spirito critico ma soprattutto serve un onesto e sincero ascolto verso i propri bisogni.

La rivincita della vulnerabilità

Innanzitutto inizia ad accettare di poter essere vulnerabile, di poter sbagliare fino ad arrivare al fallimento.

Ti trinceri così tanto con la paura di fallire che spesso finisci col non vivere realmente, incastrat* nelle tue piccole certezze e comfort zone che limitano tutti i tuoi obiettivi.

Non puoi avere il controllo totale, qualcosa pur pianificando tutto con precisione, può sfuggirti e mostrare la tua imprevidibilità, i rischi possono essere ponderati ma non eliminati completamente e se ti lasci travolgere da questa ansia di controllo finisci inghiottit* in una spirale di frustrazione in cui sei condannat* all’infelicità.

Impara ad esporti, a non percepire la tua vulnerabilità come un difetto o una debolezza ma come una grossa possibilità di vivere appieno, per poter crescere, non considerando mai gli errori un limite, ma una nuova prospettiva in cui poterti muovere.

Hai voglia di provarci?

Io faccio il tifo per te!


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